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Ognuno ricerca la propria Itaca

itaca

Pubblicato in: BitontoTV, Italia
Di Chiara Colamorea
– Fonte: www.bitontotv.it/cms/news/540/68/Ognuno-ricerca-la-propria-Itaca/
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Gianfranco Spada, bitontino trapiantato in Spagna, si racconta a ‘Storie’

Originario di Bitonto, Gianfranco Spada ha lasciato la nostra città molto presto per studiare architettura presso l’Università di Venezia. Dopo essersi trasferito a Bruxelles per una borsa di studio dell’Università «La Cambre«, si è spostato a Barcellona dove ha collaborato con rinomati architetti per la concezione di diverse tipologie di progetti. Nel 2000 ha costituito a Valencia l’associazione «Arquites» seguita, poi, nel 2002 dallo studio di architettura Atelier27. Oggi si trova a Londra come consulente in una serie di progetti architettonici a livello internazionale. Questo mese è lui il protagonista di «Storie«.

Perché ha deciso di lasciare l’Italia per trasferirsi all’estero?
In realtà non è stata una decisione formulata in questi termini: lasciare l’Italia per trasferirsi all’estero (e pensandoci bene non ho mai visto i limiti nazionali come limiti territoriali nei quali muoversi esclusivamente). Le nazioni sono concetti, l’Italia e’ un concetto, la patria anche e quanto siamo poi veramente italiani noi bitontini? Mi piacerebbe formulare invece la domanda in altri termini: «In che momento è andato via da Bitonto?» E anche qui mi è difficile risponderle. Certo fisicamente, e cronologicamente le posso dire che è avvenuto quando sono andato a studiare architettura a Venezia, però è difficile dirle quando sono andato «mentalmente» via da Bitonto: il dato infatti non è così chiaro e netto. Come lei sa, infatti, la mente può viaggiare senza che il corpo si muova: leggere un romanzo di un autore straniero, non è forse evadere, uscire, emigrare, stando fermi? Ascoltare musica magari con parole in inglese che ci raccontano storie e sensazioni di altre latitudini non è forse come vivere in quelle latitudini? E poi oggi, più che ieri, con una facilità stupefacente, viaggiamo in Internet, senza che le distanze siano una barriera. Chi può dire in quale paese si trova una pagina web? Per esempio «sfoglio» spesso il vostro periodico online, e pur non vivendo a Bitonto, ne conosco l’attualità come se lì vivessi. Oggi le distanze si smaterializzano, i luoghi assumono un nuovo contesto, e in realtà questa mia partenza dalla terra natale non l’ho mai vissuta come una partenza fisica, bensì mentale. Forse in qualche modo rappresento una nuova forma di emigrare: i nostri bisnonni quando partivano, lo facevano fisicamente, ma mentalmente rimanevano ancorati a quei costumi che si portavano dietro come un peso che li condannava, la maggior parte delle volte, ad un’autoesclusione sociale, ad una forzata auto-ghettizzazione. Adesso invece, nel mio caso, l’emigrare è una questione mentale, emigriamo molto prima di mettere un passo, emigriamo seduti in un comodo divano di una famiglia accomodata, emigriamo perché la conoscenza è l’unico vero fattore che muove il mondo. Sono convinto infatti che a Bitonto stesso ci siano molti più emigrati di quelli che registra ufficialmente l’anagrafe, molti emigrati che pur non essendosi mai mossi fisicamente risiedono in terre lontane nello spazio e nel tempo.
In sostanza voglio dire che emigrare è una necessità, il lavoro in molti casi è solo una scusa, in realtà abbiamo bisogno di emigare, anche se solo per, un giorno; abbiamo bisogno di ritornare alla nostra Itaca e poter raccontare qualcosa ai nostri nipotini, anche se- insisto- emigrare non vuol dire sempre muoversi. Si pensi allo stesso Omero che aveva Itaca soltanto nella sua testa.

Quando e come è nata Arquites?
L’idea di creare un’associazione di architetti italiani in Spagna mi è venuta in mente durante uno dei frequenti viaggi da me realizzati nell’entroterra spagnolo per visitare siti archeologi di epoca romana. In quel periodo ero talmente sbalordido dal numero di architetture realizzate da architetti italiani in quei territori, nel corso dei ultimi duemila anni di storia, che in qualche modo sentivo che stavo ripercorrendo lo stesso cammino che altri prima di me avevano già affrontato. Questo sentimento, questa correspondance come direbbe Baudelaire, fu il vero incipit dell’associazione.
Arquites, è infatti l’acronimo di ARQUitectos ITalianos en ESpaña, é un omaggio al matematico e filosofo pugliese Archita da Taranto conosciuto in Spagna come Arquites.

Quali sono gli obiettivi di Arquites?
L’obiettivo principale dell’associazione é quello di favorire il dibattito fra le culture architettoniche italiana e spagnola, che derivano da un passato storico comune, quando gli architetti di entrambi i lati del mediterraneo si scambiavano conoscenze e tecniche che permettevano loro di poter edificare vere opere d’arte, che sono parte dell’eredità architettonica europea, e che in molti casi sono opere chiave del patrimonio dell’umanità.
Le numerose opere architettoniche che ancora oggi sono conservate, sono testimoni della forte presenza di creatori di origine italiana fin dall’epoca romana passando per il barocco o il rinascimento, fino alle creazioni dell’architettura moderna del XX secolo, e configurano uno stile e una maniera di concepire l’architettura che, sebbene influenzata dal carattere locale, é un’eredità viva della storia e cultura del mediterraneo.
Le chiese, i palazzi, i monasteri, i castelli, i teatri e gli altri monumenti concepiti da italiani in Spagna sono vestigia di un passato dove i limiti territoriali scomparivano davanti alla forza della cultura, e la creativitá non aveva frontiere.

Qual è il progetto più interessante a cui Lei ha partecipato?
Be è difficile risponderle, tutti i progetti nei quali sono stato coinvolto avevano qualcosa di interessante, anche se pensandoci bene, l’interesse più che nei progetti stessi, risiede secondo me, nel modo in cui essi vengono affrontati e risolti.

Cosa ritiene che l’Italia abbia da imparare dalla cultura architettonica spagnola e cosa, invece, da insegnare?
Questa è una domanda molto complessa, infatti il termine cultura architettonica ingloba così tanti aspetti che non sarebbe opportuno analizzarli singolarmente in questa sede. Quella che lei chiama cultura architettonica è in realtà un mescola di tecniche costruttive, normative urbanistiche ed edilizie, teorie estetiche, e approcci progettuali, che per la loro complessità sono impossibili da riassumere con poche parole. Se poi vogliamo limitarci alla mera questione della forma di progettare, potrei riassumere quella italiana come intellettualoide e teorica mentre quella spagnola eminentemente pratica.

In che modo la vita in Spagna è diversa da quella italiana?
Fondamentalmente tra Spagna ed Italia non vi sono sostanziali differenze, siamo entrambi paesi mediterranei con una forte eredità romana. In realtà sono più le similutidini che le differenze, e fatte salvo le normali idiosincrasie locali, un italiano del sud si può sentire perfettamente «a casa sua» in Spagna.

Sente nostalgia della Sua terra natale? Desidererebbe tornarci?
Be la nostalgia è un meccanismo traditore, ci fa dimenticare le cose negative e ci amplifica smisuratamente quelle positive. Sì, ho nostalgia, ho nostalgia dell’infanzia, ho nostalgia del profumo delle cose genuine, ho nostalgia di mia nonna che faceva il pane in casa, ho nostalgia di un mondo che non esiste più; però, ahimè, è la stessa nostalgia che hanno i miei amici che non si sono mossi da Bitonto.